Si tratta di un importante
Plateau in porcellana della Real Fabbrica Ferdinandea, studiato da
Angela Caròla Perrotti, massima conoscitrice della manifattura (
scarica qui la scheda dell’opera), su cui è riprodotto il celebre dipinto
Ercole al bivio di
Annibale Carracci (1595-96), tra i capolavori della Collezione Farnese, giunto a Napoli nel 1734.
L’importanza dell’opera è data dall’
alta qualità tecnica e decorativa, dal perfetto stato di conservazione e dall’
eccezionalità del soggetto rappresentato: infatti nella ricca raccolta di porcellane del museo non sono presenti altri oggetti su cui è ripreso un dipinto della collezione, raffigurato con tale maestria, testimonianza del perfetto dialogo tra pittura e arte decorativa.
Ercole al bivio
Tra le prime opere realizzate da Annibale Carracci a Roma per il cardinale Odoardo Farnese (1595-96), l’Ercole al bivio era nel mezzo della volta del camerino di Ercole (fig. 1) nel palazzo di Campo de’ Fiori. Il tema della probità dell’eroe e la sua rettitudine morale era stato suggerito da Fulvio Orsini, per qualificare le virtù del cardinale Odoardo, poco più che ventenne. Bellori (1672) ricostruisce nei dettagli l’iconografia: Prodico Sofista, volendo educare i giovani descrive ‘il contrasto della ragione col senso’, con un Ercole sollecitato a scegliere tra la Virtù e la Voluttà, interpretate, come consueto, dalle donne. Ercole, essendo un eroe, sceglie la Virtù, ma non trascura – nel dipinto di Annibale – di lanciare uno sguardo alla Voluttà (fig. 2).
L’Ercole al bivio inviato a Parma nel 1662, era esposto al Palazzo del Giardino nella seconda camera, detta Camera di Venere, in cui prevalevano dipinti con soggetti erotici ed amorosi: Satiri e Ninfe, amori di Venere, Rinaldo e Armida; l’iconografia di Ercole, con i suoi turbamenti giovanili, estrapolata dal contesto moraleggiante, era stata surclassata dalle due figure femminili.
Arrivato a Napoli tra i primi dipinti delle raccolte farnesiane di Parma già nel 1734, è tra le opere trafugate dai francesi nel 1799 e recuperato a Roma da Domenico Venuti.
I miniatori che lavorarono al plateau con l’Ercole al bivio si avvalsero probabilmente della incisione inserita nella Galeriae farnesianae icones Romae in Aedibus Sereniss. Ducis Parmensis ab Annibale Carraccio, incisa da Pietro Aquila e data alle stampe a Roma nel 1674 da Gian Giacomo de’ Rossi, di cui è documentato un esemplare tra i repertori di incisioni a servizio della Real Fabbrica di porcellana di Napoli (cfr. de Martini – González-Palacios cit. 1980, p. 239; fig. 3).
Le tre figure dell’Ercole al bivio erano state utilizzate precedentemente – fine sec. XVIII – dai miniatori della Manifattura di porcellana, nei cavetti dei piatti da coltello di un Servizio con le Antichità, proveniente dalla donazione de Sangro e conservato al Museo duca di Martina: sono estratte, scontornate e isolate. Il risultato è perfetto, si esalta il carattere classicista che le permea e resistono al confronto con le miniature tradotte dalle Antichità ercolanesi e pompeiane che ornano gli altri pezzi del servizio (fig. 4).
Cosa ben diversa è la ripresa dell’intero dipinto nel plateau: il carattere di promozione delle bellezze del Regno, che animava la produzione della manifattura, apre un nuovo settore, in cui esalta i dipinti più celebri che si potevano vedere a Napoli.
La traduzione pittorica sulla porcellana lascia spazio a alcune varianti: il lembo di un panno che copre le pudenda di Ercole e l’allargamento dei due brani di paesaggio sui lati, necessità dettata dal formato ellittico.