Al momento stai visualizzando <strong>OLTRE CARAVAGGIO.<br/>Un nuovo racconto della pittura a Napoli</strong></p>a cura di Stefano Causa e Patrizia Piscitiello</p>dal 22 marzo 2022</p><strong>Museo e Real Bosco di Capodimonte, II piano</strong>

OLTRE CARAVAGGIO.
Un nuovo racconto della pittura a Napoli

a cura di Stefano Causa e Patrizia Piscitiello

dal 22 marzo 2022

Museo e Real Bosco di Capodimonte, II piano

  • Categoria dell'articolo:MOSTRE

PER UN ORGANISMO [IL MUSEO] CHE CONTIENE IL PASSATO, 
MA SI CONFRONTA CONTINUAMENTE COL PRESENTE, 
CREDO CHE VERAMENTE LA PIÙ GROSSA CONTRADDIZIONE 
SIA LA PRETESA DI RIMANERE IMMOBILE
A. LUGLI, L’EDUCAZIONE ESTETICA, 1978

La mostra “Oltre Caravaggio. Un nuovo racconto della pittura a Napoli” (dal 31 marzo 2022 al 31 maggio 2023), a cura di Stefano Causa, docente di Storia dell’arte moderna e contemporanea presso l’Università degli studi di Napoli “Suor Orsola Benincasa” e Patrizia Piscitello, responsabile Ufficio mostre e prestiti del Museo e Real Bosco di Capodimonte si sviluppa nelle 24 sale del secondo piano del Museo e Real Bosco di Capodimonte, diretto da Sylvain Bellenger.

In esposizione 200 opere provenienti tutte dalle collezioni permanenti del museo, senza prestiti esterni.

Una mostra, realizzata in collaborazione con le associazioni Amici di Capodimonte Ets e American Friends of Capodimonte, che si propone di rilanciare il dibattito presentando un’altra lettura del ‘600 napoletano, diventato per amatori e storici il secolo di Caravaggio.

Il ’600 napoletano è una ‘invenzione’ recente. È stato riscoperto e definito meno di un secolo fa dallo storico d’arte Roberto Longhi (1890-1970). Secondo lo studioso, il naturalismo di Caravaggio sarebbe la spina dorsale dell’arte napoletana. Gli studi seicenteschi sul Sud derivano, quasi senza eccezione, dalle sue proposte formulate in una serie di saggi che sono stati pubblicati essenzialmente nel secondo decennio del secolo scorso.

Dall’inaugurazione della Pinacoteca di Capodimonte nel 1957 fino ad ora, l’esposizione dei dipinti del ’600 napoletano è stata in gran parte il risultato di quest’analisi. La realtà è più complessa e i curatori della mostra, Stefano Causa e Patrizia Piscitello, sulla base degli studi degli ultimi decenni, propongono di riconsiderare lo schema di Longhi, ormai ampiamente storicizzato, e di ripensare l’intera articolazione di un secolo che non fu solo quello di Caravaggio, ma soprattutto quello di Jusepe de Ribera, uno spagnolo arrivato a Napoli nel 1616, sei anni dopo la morte di Caravaggio.

La mostra “Oltre Caravaggio” porta Ribera, rappresentato nelle collezioni di Capodimonte da opere sacre, mitologiche e nature morte, al centro della scena artistica napoletana.

Presentare la civiltà artistica napoletana vuol dire mettere in giusto risalto gli apporti esterni e gli scambi con gli altri centri, l’invio da fuori di opere e progetti, la residenza in città degli artisti ‘forestieri’. Napoli, infatti, era ed è una grande città portuale, crocevia della vita e della cultura italiana. Nel XVII secolo era diventata una delle megalopoli più popolose del mondo esercitando una profonda influenza sulla cultura europea; la sua storia si presenta come una ricca stratigrafia, fatta di diverse civiltà, popoli e espressioni artistiche che hanno lasciato tracce nel patrimonio artistico e monumentale. Per secoli ha subito attacchi, invasioni e distruzioni, facendo fronte a numerose catastrofi naturali: eruzioni vulcaniche, terremoti, maremoti e pestilenze.

Cosa significasse per Caravaggio l’incontro con l’immensa capitale mediterranea, più classicamente antica di Roma stessa, e insieme spagnolesca e orientale, non è difficile intendere a chi abbia letto almeno qualche passo del Porta o del Basile; un’immersione entro una realtà quotidiana violenta e mimica, disperatamente popolare.

R. Longhi, Caravaggio, 1951